Buoni fruttiferi e ritenuta fiscale
Poste Italiane opera la ritenuta in modo errato
Il risparmio sotto forma di buoni postali fruttiferi è sempre stato quello preferito dagli italiani, poiché ispirati dalla trasparenza, solidità e dagli interessanti rendimenti che le Poste assicuravano loro.
Molte persone però, al momento dell’incasso dei titoli, si sono scontrati con una realtà differente rispetto alle aspettative, percependo somme inferiori rispetto a quelle previste. Uno dei motivi correlati a questa riduzione è stato determinato da un’erronea modalità di calcolo della ritenuta fiscale sugli interessi maturati sui buoni postali da parte delle Poste.
In materia di tassazione di tali interessi esistono due diverse normative contrastanti tra loro:
1) il Decreto Presidente Repubblica 600/73 - Decreto Legge D.L. – 556/86 e relativa legge di conversione; Decreto Legislativo 239/96 -, che prevede la tassazione solo e soltanto nel momento in cui il reddito viene percepito dal sottoscrittore e impone una capitalizzazione annuale degli interessi al lordo dell’imposta sostitutiva del 12,50%;
2) il Decreto Ministeriale 23/06/1997 - avente natura di provvedimento amministrativo - che prevede la capitalizzazione annuale degli interessi al netto dell’imposta sostitutiva del 12,50%.
Quale delle due normative dev’essere applicata e perché?
L'ordinamento giuridico italiano è caratterizzato da una pluralità di fonti di produzione normativa disposte secondo una scala gerarchica, in cui la norma di fonte/grado inferiore non può porsi in contrasto con quella di fonte/grado superiore e qualora ciò si verifichi, prevale la norma di grado superiore.
Per l’effetto, il conflitto tra D.M. ed il D.P.R. dev’essere risolto con prevalenza della norma di grado superiore (D.P.R.) su quella di grado inferiore (D.M.) e sua conseguente disapplicazione, poiché norma sottordinata alle superiori disposizioni legislative configgenti.
E le Poste quale normativa applicano? Quella di rango inferiore o quella di rango superiore?
Ebbene le Poste applicano, illegittimamente, quella di rango inferiore (D.M. del 1997), capitalizzando annualmente (in molti casi anche bimestralmente) gli interessi al netto della ritenuta fiscale, trattenendola in quel momento, ma versandola allo Stato solo al momento del loro incasso da parte dei risparmiatori che, avvenendo anche a distanza di molti anni dall’emissione dei buoni, determina un loro conseguente svantaggio ed un ingiustificato vantaggio in favore delle Poste.
La problematica è stata posta recentemente all’attenzione del Giudice di Pace della Spezia – dott.ssa Laura Campi che, con la sentenza n. 3/2024 del 09/01/2024 (e facendo seguito alle precedenti pronunce del Tribunale di Bergamo sentenza n. 1390 del 12/10/2020 e n. 881 del 28/04/2023; Tribunale di Vicenza ordinanza del 18/05/2021 R.g.n. 2397/2020; Giudice di Pace di Cassino n. 649 del 05/04/2022 e n. 1068 del 14/06/2022; Tribunale di Perugia n. 244/2023), ha ritenuto corretta e prevalente l’applicazione della norma di grado superiore (D.P.R.) rispetto a quella inferiore (D.M.), stabilendo che “la tassazione degli interessi maturati sui buoni postali dev’essere effettuata solo e soltanto nel momento in cui il reddito viene percepito dal sottoscrittore, effettuando una capitalizzazione annuale degli interessi al lordo della ritenuta fiscale del 12,50%”.
Il Giudice di Pace ha così condannato le Poste a rimborsare ad un risparmiatore spezzino la differenza che gli aveva ingiustamente trattenuto, in virtù di un’erronea modalità di calcolo della ritenuta erariale.
de’FRANCESCO & PARTNERS
Avv. Giandomenico de’FRANCESCO
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